Un’invicibile voglia di vivere
[Per gentile concessione dell’autore]

Sono innamorato dell’universo vegetale: questi organismi così silenziosi e “statici” rappresentano le fondamenta della vita sul Pianeta. Dovremmo riflettere su questo quando pecchiamo di superbia.

Qualunque chimico dovrebbe provare estrema invidia verso il più sottile dei fili d’erba, per il semplice motivo che anche la pianta più piccola è in grado di compiere quel “miracolo” chiamato fotosintesi, mentre il più grande dei chimici ancora non ci riesce. Il “miracolo” avviene all’interno dei cloroplasti, organelli presenti in ogni cellula vegetale e consiste nella combinazione di acqua e anidride carbonica (il principale gas che si forma quando, ad esempio, bruciamo del legno) per formare glucosio.
Il glucosio è uno zucchero ed è una delle molecole biologiche più importanti per il semplice motivo che gran parte delle forme di vita lo impiega come “carburante”.

Inoltre la cellulosa, il biopolimero più abbondante in natura, è costituito da “mattoncini” di glucosio. Un biopolimero è una molecola analoga ai polimeri (dei quali abbiamo parlato nel mio precedente articolo Troppo preziosa per essere gettata), i cui monomeri sono molecole di origine naturale.

Ma i “miracoli” non finiscono qui. Comunemente, uno degli elementi caratteristici che si associano ad una pianta sono le radici, da cui trae acqua e nutrimento. “Radici”, “radicare” e simili sono termini così emblematici da venire usati anche metaforicamente. Eppure non tutte le piante hanno le radici.

Le piante in foto, che coltivo a casa, sono chiamate “piante d’aria”, appartengono al genere Tillandsia e sono piante epifite, cioè si ancorano ad altre piante. Le piante d’aria sono un capolavoro dell’evoluzione e rappresentano un’invincibile voglia di vivere a qualunque costo. Infatti assorbono l’acqua grazie a dei peletti, detti tricomi, che contemporaneamente le proteggono dai raggi solari. Inoltre sono in grado di “mangiare” lo smog, in particolare gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) generati dalla combustione incompleta di benzina e gasolio.

Alcune orchidee, come quelle tropicali, sono piante epifite che crescono ancorandosi su altre piante ed assorbono i nutrienti dall’aria [Per gentile concessione dell’autore]

Se si considera la prospettiva di poterle utilizzare come biosensori e assorbitori di inquinamento, le piante d’aria dimostrano ancora di più di avere un grande potenziale, tutto da sfruttare per il bene del Pianeta.
La forza vitale di queste piccolette mi dà la motivazione per affrontare le situazioni più sfavorevoli con il sorriso!

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Jonathan Campeggio
Chimico teorico presso l’Università degli Studi di Padova, è iperattivo. Ha il pollice verde e ama lo sport, il judo in particolare, e ha un feticismo per l’arte Rinascimentale.

Bibliografia

  • Piazzetta, Karime Dawidziak, Ramsdorf, Wanessa Algart, Maranho and Leila Teresinha, Use of airplant Tillandsia recurvata L., Bromeliaceae, as biomonitor of urban air pollution, Aerobiologia, 2019, 35, 1, 125–137.