Un materiale “dell’altro mondo”

In precedenza ho mostrato come i risultati ottenuti dagli esperimenti, realizzati durante le missioni spaziali, siano utili allo sviluppo di applicazioni rivolte al grande pubblico.

Ciò che illustrerò in questo articolo sono i “Materiali a Cambiamento di Fase”, o Phase Change Materials (PCM), ovvero dei materiali “termoregolanti” che assorbono o rilasciano calore latente attraversando un cambiamento dello stato fisico (da liquido a solido e viceversa).

Tale calore è definito “latente” poiché l’energia ceduta (o assorbita) durante il cambiamento di fase o stato fisico, sotto forma di calore, non aumenta o diminuisce la temperatura del sistema [1] 

Questi materiali sono stati sviluppati dalla NASA per rendere gradevoli le “passeggiate nello spazio”, isolando termicamente le tute degli astronauti ed evitando così il rischio di congelamento. Il risultato è stato poi portato sulla terra per due principali impieghi: il primo riguarda la produzione di coperte termiche utilizzabili nei reparti maternità, mentre il secondo riguarda l’isolamento termico degli edifici [2] .

Quali sono e come funzionano questi materiali? I PCMs possono essere organici (paraffine o non-paraffine) o inorganici (sali idrati o metalli), ma tutti sono “non autoportanti”, ovvero necessitano di un sostegno che li possa sostenere.

Ad esempio, nella loro applicazione all’isolamento degli edifici, questi sono “impacchettati” tra la parete esterna e quella interna, in modo da permettere l’assorbimento e la cessione del calore. I materiali di sostegno sono di natura varia (come legno, intonaco, cartongesso e via dicendo) e sono già molto comuni in edilizia [3] ; inoltre la presenza di un isolante evita che il PCM assorba calore dagli ambienti interni.

Funzionamento dei Phase Change Materials [4]

Il funzionamento è semplice: di giorno avviene la fase di accumulo, ovvero una grande quantità di radiazione solare viene assorbita dal materiale ed immagazzinata sotto forma di calore latente. Di conseguenza, il PCM assorbendo calore passa allo stato liquido.

Di notte, invece, avviene la fase di cessione. Poiché la temperatura dell’aria a contatto con le pareti si è ridotta, il PCM rispetta il principio zero della termodinamica, ovvero quello dell’equilibrio termico tra due corpi a contatto (sì! proprio una delle nozioni che più ci annoiavano a scuola).

In questa fase, il PCM vuole mettersi in equilibrio con l’aria che circonda le sue pareti e quindi dissipa calore, riportando il suo stato in fase solida, raggiungendo l’equilibrio termico con ciò che lo circonda. Il calore che “avanza” viene quindi ceduto all’ambiente interno dell’edificio, oppure dissipato all’esterno, creando un clima favorevole negli ambienti interni!

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Gianluigi De Simone Ingegnere meccanico ma un po’ gestionale, laureato al Politecnico di Bari. Appassionato di scienza e tecnologia, divoratore di libri e serie TV. “Ho smesso di discutere con la gente ‘informata’, quindi scrivo!”

Fonti, per approfondire:

  1. https://www.sciencedirect.com/topics/materials-science/phase-change-materials;
  2. https://www.media.inaf.it/2017/01/23/spinoff-nasa-2017/
  3. https://www.teknoring.com/guide/guide-architettura/guida-ai-pcm-i-materiali-a-cambiamento-di-fase/;
  4. https://www.architetturaecosostenibile.it/materiali/altri/materiali-cambiamento-fase-involucro-737.