Apophis e compagni: come possiamo difenderci dagli asteroidi?

E’ venerdì, 13 Aprile 2029.

La popolosa città asiatica non sospetta di nulla. Eppure, quelli sono i suoi ultimi momenti di esistenza. Alle 21:20 UTC l’asteroide 2004 MN4, ma per tutti “Apophis”, entra nell’atmosfera terrestre. La scia di fuoco che si sprigiona nell’atmosfera è grande diversi chilometri; quando colpisce il suolo, esso viaggia ancora ad una velocità superiore ai 45.000 Km/h.

La distruzione è grande.

[Illustrazione di Jonny Lindner da Pixabay]

Spiacente, cari allarmisti, questo scenario non diventerà realtà.

A vostra parziale discolpa, va detto che nel 2004, quando Apophis venne scoperto [1], la probabilità di impatto era molto più alta di quanto si ritenga oggi: si arrivò fino a battere tutti i record di pericolosità fino a quel momento, con la stima di un impatto pari al 2,7%, (1 su 37) [2].

Secondo la NASA [3], nel 2029 Apophis passerà a circa 31.000 Km di distanza dalla Terra; una distanza decisamente rilevante in termini astronomici, addirittura inferiore a quella di alcuni satelliti geostazionari (i quali orbitano a circa 36.000 Km sopra le nostre teste).

Le probabilità sono state ricalcolate nel tempo, perché ogni volta che un asteroide viene osservato, e a ogni passaggio successivo, veniamo a sapere qualcosa in più: dettagli prima sconosciuti della sua composizione, della sua massa; quindi possiamo calcolare con maggior precisione le probabilità che ci colpisca o meno.
Ma come facciamo a saperlo?

Qui entra in scena SENTRY[4], un sistema sviluppato dalla NASA.
SENTRY (termine inglese che sta per “sentinella”) è la nostra prima linea di difesa contro asteroidi che possono essere intercettati coi tradizionali mezzi osservativi.

Per tutti i corpi celesti che passano vicino al nostro pianeta (i cosiddetti NEA, o “Near-Earth Asteroids”), SENTRY calcola tutte le probabilità di impatto sulla base dei dati conosciuti e li raffina con successive osservazioni, che vanno ad arricchire la sua base di dati.

Basta un piccolissimo errore nella posizione dei pianeti, o nella stima della massa degli oggetti, e si avranno delle previsioni completamente errate. Per questo è importante osservare il cielo costantemente.
Periodicamente vengono lanciate delle “campagne di osservazione” per tenere d’occhio oggetti potenzialmente pericolosi.

In questo momento, ad esempio, secondo il sistema SENTRY, l’asteroide con la maggiore probabilità di impatto è 2010 RF12, il quale potrebbe colpirci tra il 2095 ed il 2117. SENTRY stima al momento che ci sono 23 asteroidi con una (pur minima) probabilità di colpirci, da qui al 2880.

Ad ogni modo (SENTRY) non è il solo sistema che abbiamo; per noi Italiani (ed Europei in generale, visto che è finanziato anche dall’Agenzia Spaziale Europea) c’è NEODyS (Near Earth Objects Dynamic Site) [5]. Si tratta di un grande database che raccoglie i dati provenienti da ben 2115 osservatori e presenta una pagina “Risk list” con una lunga lista di oggetti, alcuni anche molto piccoli, per i quali si è persa traccia di rilevamento.

Cosa succede se un asteroide non viene rilevato e impatta col nostro pianeta?
La risposta migliore da dare, in questi casi, è “dipende”: il nostro unico (e ultimo) scudo, infatti, è rappresentato dalla nostra atmosfera. Vari fattori impattano, è il caso di dire, sull’esito dell’evento.

Anzitutto, in maniera molto intuitiva, le dimensioni e la massa dell’asteroide; corpi aventi maggiore massa sono i migliori candidati a diventare meteoriti (la parte degli asteroidi che raggiunge il suolo). Naturalmente, la composizione del corpo celeste influenzerà la sua massa: un asteroide composto in larga parte da metalli, come il famoso “asteroide da 5 trilioni di dollari” (2011 UW158) che passò nel 2015 a 2,5 milioni di Km dalla Terra [6], avrebbe fatto molti più danni di un semplicissimo asteroide composto solo o prevalentemente da ghiaccio, come la maggioranza dei NEA. Le dimensioni contano perché corpi più grossi hanno una maggiore probabilità di frammentarsi entrando nell’atmosfera.

Inoltre, è rilevante anche l’angolo di impatto: generalmente è 45°, ma potrebbe variare. Più l’angolo è piccolo (da 1° a 35°), più atmosfera dovrà attraversare l’asteroide, quindi dovrà essere molto più resistente al calore. Molto meglio per noi. Un angolo di 90° indica che l’oggetto è perpendicolare all’osservatore il quale, letteralmente, se lo vedrà cadere in testa.

Un altro fattore è rappresentato dalla velocità al rientro: più questa è alta, maggiori saranno i danni al momento dell’impatto con il suolo. Normalmente un asteroide rientra con una velocità di circa 17 Km/s, ma per oggetti in orbita eliocentrica si può arrivare a 71 Km/s [7].

Infine, bisogna tenere conto anche del luogo dell’impatto; la superficie del nostro pianeta è per il 71% coperta da acqua, fattore da considerare. Un conto è infatti la distruzione provocata da uno tsunami (nel caso l’impatto avvenga con l’acqua), un altro sono i danni provocati dai detriti e dall’onda d’urto derivanti da una collisione con il suolo.

Noi conosciamo molto bene il fenomeno delle “stelle cadenti”: le cosiddette “meteore” altro non sono che oggetti piccoli o molto piccoli (dal classico granello di sabbia a qualche tonnellata) i quali, entrando in atmosfera, vengono completamente bruciati dall’attrito prodotto dalla resistenza dell’aria. Per intenderci, della meteora di Chelyabinsk del 15 febbraio 2013, pesante all’ingresso in atmosfera ben 11.000 tonnellate e grande circa 17-20 metri di diametro [8], al suolo (quindi il solo meteorite) è rimasto un frammento di circa 600 chili, precipitato in un lago. [9]

Per gli oggetti più grandi, come abbiamo detto, bisogna costantemente osservare il cielo e sensibilizzare quante più persone possibile. Anche noi “comuni mortali” possiamo, ad esempio, partecipare al progetto dell’INAF denominato PRISMA (Prima Rete per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera) [10]. Possiamo quindi installare una videocamera che monitora e salva i passaggi di meteore in modo da poter utilizzare i dati così ricavati per informare la comunità scientifica e avere maggiori informazioni sugli oggetti osservati. Scuole, associazioni di astrofili oppure anche semplici privati possono partecipare al progetto!

Ad ogni modo, se proprio volete divertirvi col “film catastrofico”, lanciando figurativamente asteroidi su città popolose, o anche su altri corpi celesti, trovate due link di simulatori di impatto nella sezione “per approfondire”.

Ad astra!

Marco Cannavacciuolo
Appassionato di spazio sin da quando “divorava” il volume “Il mondo e lo spazio” di una famosa enciclopedia, è membro di un’associazione per la divulgazione astronomica e astronautica.
Collabora informalmente come astrofilo allo svolgimento di serate osservative in Liguria e frequenta un master in giornalismo e comunicazione.

Bibliografia:

  1. NASA: https://cneos.jpl.nasa.gov/doc/apophis/ ;
  2. NASA: https://cneos.jpl.nasa.gov/doc/apophis/ ;
  3. NASA :https://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?feature=7390 ;
  4. NASA: https://cneos.jpl.nasa.gov/sentry/ ;
  5. ESA: https://newton.spacedys.com/neodys/ ;
  6. Space.com: https://www.space.com/30074-trillion-dollar-asteroid-2011-uw158-earth-flyby.html ;
  7. Earth Impact Effects Program: https://impact.ese.ic.ac.uk/ImpactEarth/ImpactEffects/ ;
  8. NASA: https://www.nasa.gov/mission_pages/asteroids/news/asteroid20130215.html ;
  9. BBC: https://www.bbc.com/news/science-environment-24550941 ; 
  10. INAF: http://www.prisma.inaf.it/ .

Per approfondire: