#GoodByeMalinconia – quattro chiacchiere con Marco

Ciao Marco, grazie mille per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Come forse saprai, stiamo intervistando nostri connazionali che lavorano all’estero per cercare di capire cosa fanno e come vivono. 

Per iniziare, ci vuoi raccontare un po’ di te? 

Mi chiamo Marco, sono originario di Crotone e, dopo essermi laureato in Ingegneria all’Università della Calabria, ho deciso di partire per un’avventura in Inghilterra. Lì insegno Fisica, Chimica e Biologia in una scuola secondaria. Mi piace uscire con gli amici, leggere, vedere nuovi posti e conoscere nuove persone e nuove culture. Amo mangiare e mi piace anche cucinare. 

Hai sempre voluto fare l’insegnante?

Sì! Sin dalle scuole superiori ho avuto la passione per la Fisica e mi sarebbe piaciuto insegnarla. Il pomeriggio davo anche ripetizioni ad un gruppetto di compagni di classe e ciò mi ha fatto capire che questo sarebbe potuto essere un percorso da intraprendere.

Cosa ti ha fatto capire che poteva essere la tua strada?

Ammiravo molto la mia professoressa di Fisica. Era severa, ma il suo modo di insegnare era impeccabile e mi ha fatto innamorare così tanto della materia che desideravo trasmettere questa passione agli altri, diventando a mia volta insegnante. Purtroppo, per differenti motivi, non ho potuto studiare Fisica all’Università, ma Ingegneria Civile. Non è stato un percorso facile, ma una volta finito e trasferitomi in Inghilterra mi sono informato ed ho scoperto che, integrando la mia laurea triennale con un anno universitario, mi sarei potuto qualificare per insegnare Fisica. Così “ho preso la palla al balzo” e dopo un anno molto intenso di studi e tirocinio mi sono qualificato.

Come mai ti trovi a farlo così lontano da casa tua?

Mi sono trasferito in Inghilterra per imparare l’Inglese. Ho saputo di aver la possibilità di insegnare con le mie qualifiche e così ho intrapreso questo percorso. Non è stato programmato. All’epoca lavoravo come cameriere e avevo fatto domanda per un master in Ingegneria Civile vicino Londra e per la Laurea Magistrale a Pisa. Però poi la voglia di insegnare era così tanta che ho messo da parte gli altri progetti.

Com’è insegnare in una lingua diversa dalla tua lingua madre?

All’inizio è stata veramente dura. Avevo un inglese scolastico che mi permetteva a malapena di comunicare. Molti termini non li conoscevo proprio e li ho dovuti imparare ex novo: ad esempio, adesso non saprei i nomi degli strumenti da laboratorio in Italiano. La gente locale ha un accento molto pronunciato e se non ci si fa l’orecchio è difficile. Ho ancora molto da migliorare, ma ho anche faticato molto fin ora. 

Hai difficoltà nell’interazione con i ragazzi e/o i genitori? 

Lavoro in una scuola prettamente britannica, in un villaggio dove la classe medio-alta la fa da padrone. Sono l’unico straniero a lavorare lì e questo ha scatenato molta curiosità ma anche diffidenza. In altre scuole dove ho lavorato c’era più varietà culturale, in quella attuale decisamente meno. Le nuove generazioni di ragazzi sono fin troppo tutelate dai genitori che li deresponsabilizzano dai loro doveri. Spesso vengo vituperato dai genitori per i voti bassi dei figli in alcuni esami, per essere troppo severo nei voti o per avercela sempre con lo stesso studente, senza però chiedere ai propri figli se hanno studiato abbastanza o quale sia il loro comportamento in classe. A volte vengo biasimato per il fatto di essere straniero e non essere capito, ma per fortuna questo capita con pochissimi studenti e i miei capi mi supportano molto. Però ho ricevuto anche molti complimenti sul mio approccio umano verso gli alunni, dimostrando quanto ci tengo al loro futuro e ad aiutarli.
D’altra parte ho alcuni amici insegnanti in Italia ed hanno problemi simili ai miei.

Com’è il sistema scolastico inglese?

Il sistema inglese è diviso tra scuola Primaria (fino a 10 anni) e Secondaria (11-16 anni) e questo rappresenta il cosiddetto periodo di obbligo scolastico. Finito ciò si può fare un corso professionalizzante in un college, oppure prendere gli A-levels (3 o 4 materie a scelta) che sono propedeutici per l’università.
Dal punto di vista lavorativo, insegnare qui è simile a lavorare in un’azienda. Si fanno molte riunioni, ci si pone degli obiettivi annuali da raggiungere, si devono correggere i quaderni uno ad uno (insegno a circa 240 studenti, immagina la mole di lavoro), si raccolgono dati e si viene osservati due volte l’anno. Inoltre, esiste un organo governativo che controlla le scuole (OFSTED), che però incrementa anche il da fare imponendo parametri poco realistici. 

Ti piace il tuo lavoro?

Sì, anche se a volte la mole di lavoro e lo stress sono tanti. Se si scremasse un po’ la burocrazia sarebbe un lavoro eccezionale. Ovviamente avere da fare con adolescenti non è semplice, ma ho incontrato tanti miei ex alunni con i quali battibeccavo molto che, poi, mi hanno ringraziato per i miei insegnamenti. Ciò mi ricorda che il mio è uno dei lavori più belli del mondo!

Sei felice dove sei o vorresti farlo a casa tua?

Diciamo che non saprei come risponderti. Le differenze culturali con l’Inghilterra sono veramente tante, per non parlare del clima e del cibo. Mi ci sto adattando a fatica, ma non mi definirei realmente entusiasta di questo Paese. È un Paese che mi ha dato molto, mi ha fatto crescere, vi ho conosciuto tante persone e mi sono fatto tanti amici, ma dall’altro lato la mancanza di casa c’è e ci sarà sempre. Però credo anche che una persona debba essere pronta prima di tornare e questo non è il mio caso. Sento che ho ancora molto da fare qui e da imparare. Devo acquisire ancora un po’ di esperienza prima di lasciare e forse tornare in Italia. Inoltre mi mancherebbe il piccolo mondo che mi sono realizzato qui in Inghilterra. 

Come stai vivendo la situazione Covid 19 da italiano in UK?

Diciamo che la situazione non è rosea e siamo tutti un po’ preoccupati, specialmente per i primi approcci del governo riguardanti l’ herd immunity (poi grazie a Dio abbandonata). L’introduzione della social distancing ed il lockdown ci hanno fatto tirare un respiro di sollievo. Si fa molta attenzione al sistema sanitario nazionale (NHS) che era già al collasso di suo provando ad evitare un’eccessiva pressione.
Da italiano, essendo costantemente informato su ciò che accade nel mio paese, l’ho presa forse più seriamente. Noi siamo visti come passionali ed esagerati in ogni situazione ed in parte è capitato anche col Covid-19. Molti miei colleghi erano scioccati dal lockdown italiano e si chiedevano come si sarebbe potuto portare avanti e i danni economici che avrebbe portato.
Non li biasimo, a volte se le cose sono lontane da te tendono ad essere viste in maniera più distaccata, mentre moltissimi erano per un’introduzione di misure restrittive in precedenza. Insomma, come sempre diversi pareri. 
Sono preoccupato, non si fanno test a meno che in condizioni particolari. I consigli  sono quelli di rimanere a casa in caso di sintomi e chiamare solo se la situazione è grave. Consigli giusti, ma non essendo il mio paese ed avendo la famiglia lontana questo non fa vivere la situazione in maniera proprio tranquilla.

Marco ha anche vinto il premio come migliore insegnante in training alla Leeds Trinity University (foto): I nostri complimenti!
Grazie Marco, ed in bocca al lupo per tutto.

[Per gentile concessione di Marco]

Rosaria Cercola